franz e milena


 Quando si conobbero, lui aveva 35 anni, lei 24, ed era sposata (infelicemente) da due. Era giornalista, voleva diventare scrittrice; alla fine del ' 19 si era interessata ai primi racconti di Kafka, gli aveva chiesto il permesso di tradurne uno, «Il fuochista», dal tedesco al ceco. Gli avvenimenti reali, nella storia del loro amore, sono pochissimi: quattro giorni, dal 30 giugno al 3 luglio 1920, passati insieme a Vienna e nei sobborghi del Wiener Wald, più alcuni fuggevoli incontri a Praga. Tutto il resto sono parole - le tenere, enigmatiche, terrificanti parole di un uomo perennemente in fuga davanti alla felicità e alla vita: «Ho paura e paura, cerco un mobile sotto il quale posso nascondermi, prego tremando e fuori di me perché tu, che sei entrata rombante in questa lettera, possa volare di nuovo dalla finestra, non posso tenere in casa mia un uragano». Non ci sono rimaste, accanto alle lettere a Milena, le lettere di Milena. In compenso Max Brod, nella sua fondamentale biografia di Kafka, pubblicò (integralmente o per estratti) quelle che Milena scrisse a lui fra il 1920 e il 1924 a proposito del comune amico. Sono pagine straordinarie, dalle quali, pur nell' invincibile stato di stupore, quasi di sbigottimento cui Milena con ogni evidenza non riuscì mai del tutto a sottrarsi e che fa pensare alla reazione d' un essere umano davanti a qualcosa di eccezionale e soprattutto di inspiegabile, forse di soprannaturale, emergono ritratti o per meglio dire istantanee non meno folgoranti che struggenti dell' uomo che lei chiamava (e che qualche volta, scrivendole, si firmava) «Frank». Ammirazione e pietà, un' acutezza addirittura spietata e un umile, attonito rispetto di fronte al mistero vi si intrecciano con la naturalezza che soltanto l' amore rende qualche volta possibile: «La vita è per lui qualcosa di ben diverso che per tutti gli altri uomini... Il denaro, la borsa, l' ufficio dei cambi, una macchina per scrivere sono per lui enigmi stranissimi di fronte ai quali non ha assolutamente l' atteggiamento che abbiamo noi... Sì, tutto questo mondo è e rimane enigmatico per lui... Un uomo che scrive velocemente a macchina e uno che ha quattro amanti gli riescono altrettanto incomprensibili... Incomprensibili perché sono vivi... È assolutamente incapace di mentire come è incapace di ubriacarsi. È senza il minimo rifugio, senza un ricovero. Perciò è esposto a tutte le cose dalle quali noi siamo al riparo. È come un individuo nudo fra individui vestiti». Può sembrare, tanto è precisa e al tempo stesso paradossale, un' immagine costruita, un' immagine letteraria. Ne abbiamo incontrati parecchi, nei libri, nei film, di esseri in qualche misura somiglianti a quello che Milena ci descrive; e sono, perlopiù, degli angeli. Ma Milena, sebbene ami la letteratura, sebbene aspiri ad essa, non sta affatto facendo della letteratura, non sta creando un personaggio (e nemmeno può prevedere o sospettare di quale leggenda, oserei dire di quale bizzarra religione laica il suo Frank, un giorno, sarà oggetto). No, Milena sta parlando di un uomo in carne e ossa, di un uomo vivo - l' uomo che con tanto coraggio e insieme con tanta inadeguatezza, cioè nei limiti imposti dalla sua normalità, dalla sua intelligenza fortemente pratica, dal suo (sono parole sue) «terribile amore della vita», ha tentato e ancora tenta, ancora sta tentando di amare: «Ciò che si attribuisce alla anormalità di Frank è precisamente il suo pregio... Credo piuttosto che tutti noi, tutto il mondo e tutti gli uomini siamo malati e lui solo è sano, lui solo sente e afferra giustamente». E qui, fra le righe di questa lettera senza data che Max Brod attribuisce al gennaio o febbraio del 1921, nel coraggioso cuore di Milena sembra farsi dolorosamente strada il rimorso di aver mancato un appuntamento cruciale, di non essere stata (ma quale altra donna avrebbe potuto esserlo?) all' altezza dell' unica vera sfida cui la sorte l' aveva chiamata: «Se fossi riuscita ad andare con lui, avrebbe potuto vivere felice con me. Ma questo lo so soltanto oggi. Allora ero una donna comune come tutte le donne del mondo, una piccola femmina istintiva. Di qui è nata la sua angoscia. Ed era giusta... Quella sua angoscia era giusta». Povera, eroica Milena. Anche su questo rovello, su questa immaginaria inadempienza sarà tornata, forse, in quegli ultimi giorni di Ravensbruck. Eppure lo sapeva bene, l' aveva capito subito, l' aveva persino scritto, sempre a Max Brod, nel lontano agosto del 1920: «Frank non ha la capacità di vivere... Frank non guarirà mai. Frank morirà presto». LE RELAZIONI Felice, Dora e la meteora Julie Le altre donne della sua vita Kafka e le donne. La prima, forse la più importante, fu Felice Bauer, berlinese, anche lei ebrea. Conosciuta nel 1912, fu la «fidanzata ufficiale» dello scrittore, anche se la loro fu in prevalenza una relazione epistolare, che si concluse nel 1917. Nel 1919 si fidanzò con Julie Wohryzeck, figlia di operai ebrei di origine ceca, ma la loro storia durò pochi mesi. Nel 1920 conobbe Milena Jesenská, giornalista e prima traduttrice in ceco delle sue opere, unica non ebrea tra le sue donne. Iniziato per corrispondenza, il loro rapporto fu coronato da un breve incontro a Vienna. Della loro relazione rimane la corrispondenza scritta da lui e raccolta nel volume Lettere a Milena (Mondadori). L' ultima donna della sua vita fu Dora Dymant, l' unica con cui Franz Kafka (foto) ebbe una vera relazione: i due vissero insieme a Berlino e fecero progetti matrimoniali, interrotti dalla morte dello scrittore, nel 1924.
Raboni Giovanni
Pagina 33
(31 luglio 2003) - Corriere della Sera

Commenti

  1. Sette anni. Tanti ne sono passati da quando scrissi anch'io un post su Milena e Franz

    http://gautier.blog.tiscali.it/2005/07/15/milena_e__franz____1613261-shtml/

    E' curioso che oggi, giorno di Natale e a distanza di tanto tempo, trovi qualcuno che abbia avuto la stess attenzione verso una storia che ha in se qualcosa di speciale e forse irripetibile.

    Buon Natale!

    Gautier

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