CESARE PAVESE

Luna d'Agosto
(Cesare Pavese Santo Stefano Belbo, CN 9/9/1908 - Torino 27/8/1950)

Al di là delle gaie colline c'è il mare,
al di là delle nubi. Ma giornate tremende
di colline ondeggianti e crepitanti nel cielo
si frammettono prima del mare. Quassù c'è l'ulivo
con la pozza d'acqua che non basta a specchiarsi,
e le stoppie, le stoppie, che non cessano mai.
E si leva la luna. Il marito è disteso
in un campo, col cranio spaccato dal sole
- una sposa non può trascinare un cadavere come un sacco -
Si leva la luna, che getta un po' d'ombra
sotto i rami contorti. La donna nell'ombra
leva un ghigno atterrito al faccione di sangue
che coagula e inonda ogni piega dei colli.
Non si muove il cadavere disteso nei campi
né la donna nell'ombra. Pure l'occhio di sangue
pare ammicchi a qualcuno e gli segni una strada.
Vengono brividi lunghi per le nude colline
di lontano, e la donna se li sente alle spalle,
come quando correvano il mare del grano.
Anche invadono i rami dell'ulivo sperduto
in quel mare di luna, e già l'ombra dell'albero
pare stia per contrarsi e inghiottire anche lei.
Si precipita fuori, nell'orrore lunare,
e la segue il fruscio della brezza sui sassi
e una sagoma tenue che le morde le piante,
e la doglia nel grembo. Rientra curva nell'ombra
e si butta sui sassi e si morde la bocca.
Sotto, scura la terra, si bagna di sangue.

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