"CHE TU SIA PER ME IL COLTELLO"

la solitudine non è una sola.
ma può avere mille forme, mille sfumature...
mille aspetti.

la mia solitudine è di quelle che ti si attaccano addosso come un virus...
alla fine ti sfianca, ti asciuga, ti strema, e non hai più nemmeno la forza di raccontarti che basterebbe poco per uscire dal "buco nero".
poco...?

purtroppo sapevo che sarebbe andata così.
nel senso che io non sono fatta per stare da sola, e nonostante abbia finora fatto i salti mortali per rimanere a galla, ora, sono al limite.

faccio del mio meglio, ma non basta.
cerco di esserci sempre per coloro che sono importanti per me, ma non basta.
mi sforzo per fare il mio lavoro con originalità e creatività, ma non è semplice.

la voglia di fuga è sempre presente, anche quando sembra di no.

ieri la mia psicologa mi ha detto che non va bene che io disinfetti, pulisca e poi curi le ferite da taglio che mia figlia si procura.
in questo modo il mio comportamento fa da rinforzo a qualcosa di negativo.
il messaggio che arriva è:
se tu ti fai male io ti sto più vicina e ti coccolo di più.
forse è proprio questo che vuoi, anche inconsciamente, ragazzina spaventata e arrogante, chiusa nella tua cameretta tutto il giorno con le cuffie nelle orecchie e il pc sulle gambe, con quella massa di capelli ingestibili e i mucchi di vestiti sparsi un po' dovunque?
forse è proprio questo che vuoi...
e io sto lì a lenirti le ferite, a mettere cicatrizzanti, ad accarezzarti e poi a cullarti come una bimba piccola...
sbaglio.
sbaglio?

sono confusa.
un tempo mi arrabbiavo, le dicevo che l'avrei presa a padellate se provava ancora a farsi male, e a deturpare quel corpo meraviglioso e unico che io e suo padre avevamo messo al mondo dopo tanta attesa, dopo tante delusioni...

oggi no...
solo guardandola, capisco che l'ha fatto di nuovo.
e non riesco ad avere reazioni visibili, davanti a lei.
non riesco ad esprimere ciò che sento...
cosa sento?
non lo so più....
non lo capisco più...

la mia psy ieri mi ha chiesto:
ma lei, cosa farebbe se sa figlia tagliasse lei e non se stessa?
io, ho pensato, pensato, ho cercato di immaginare, ma...
non ci sono riuscita...
ho scosso la testa, sconfitta.
non riesco ad immaginarlo.
in realtà la sola idea è talmente ORRENDA E TERRIBILE che il mio cervello la rifiuta  a priori.

mi porto dietro questa pena infinita sulle spalle, sul cuore..
nell'anima..
oltre alla sensazione di essere incapace totalmente di avere reazioni fisiologiche e coerenti nei confronti di qualcosa che FA MALE (e tanto) anche a me.
anche se la mia pelle è integra.

da ragazzine io e mia sorella vedevamo un telefilm italiano con Lauretta Masiero  (chi ha la mia età lo ricorderà...) si intitolava LAURA STORM.
in un episodio c'era un lanciatore di coltelli che aveva ucciso la sua partner.
mia sorella (io avevo forse 8 anni e lei 5) volle provare l'ebbrezza di lanciare un coltello da cucina verso di me...
lancio? mi chiese
lancia, dissi io, convinta che non lo avrebbe fatto.
lanciò.
mi prese sulla tempia, poco male, un bel bernoccolo e una ferita relativa.

da allora però ho sviluppato un'idiosincrasia per lame, coltelli e tutto ciò che è acuminato o tagliente.
immaginare la mia piccola che deliberatamente si passa una lama sulla pelle fino a vedere il sangue mi dà la nausea.

e poi c'è lui, il padre di mia figlia che non perde occasioni per colpevolizzare me per responsabilità che invece sono solo sue.
ma di questo parlerò un'latra volta.
forse.

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